COME SCENDERE DALLA PAURA DELL’AEREO

LA PAURA DELL’AEREO
Quella dell’aereo è una delle paure più diffuse, anche se per molti non così invalidante, dal momento che si possono comunque scegliere per le vacanze destinazioni raggiungibili via terra o via mare o qualora fossimo costretti, ad esempio dal lavoro a dover raggiungere mete lontane, potremmo farlo ricorrendo a mezzi di trasporto alternativi. E a nulla servono le statistiche che vedono come più sicuri i viaggi in aereo rispetto a quelli in auto, e i continui ragionamenti per autoconvincersi che in fondo non c’è nulla da temere, che l’aereo lo prendono tutti e che ogni giorno ne decollano e atterrano a centinaia di migliaia.

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TENTATA SOLUZIONE (1)
Quando c’è di mezzo la paura, la rassicurazione non funziona. La paura è un’emozione arcaica che non può essere frenata dalla ragione. La paura quando arriva arriva, e lo sanno bene coloro che ne vengono travolti. La ragione di fronte alla paura soccombe poiché va da sé che si inneschino tutti i meccanismi fisiologici involontari sollecitati da questa emozione.

TENTATA SOLUZIONE (2)
Così come non funziona continuare ad evitare l’aereo pensando che si possa tranquillamente farne a meno: evitare le situazioni spaventose, fuga dopo fuga, rende la situazione temuta una montagna insormontabile da scalare, sino a distruggere completamente il più minimo senso di fiducia nelle proprie capacità.

TENTATA SOLUZIONE (3)
Ancora più pericolosa per chi si trova a migliaia di metri di altezza,  tanto da generare un vero e proprio attacco di panico, è poi l’eccessiva attenzione su di sé e sulle proprie reazioni neurofisiologiche che prende avvio già ancor prima di allacciarsi le cinture di sicurezza e che continua ad aumentare non appena l’aereo comincia a prendere velocità ed arriva ad esplodere nel momento in cui le ruote si staccano da terra. Pensare di controllare queste reazioni, cercare di allontanarle da sé, di reprimerle le rende ancora più minacciose.

COSA FARE?
È stato messo a punto un intervento strategico efficace che si basa sul sovvertire ognuna di queste modalità disfunzionali di controllo attraverso prescrizioni specifiche che guidano la persona, in maniera del tutto suggestiva, a superare il problema. Utilizzando la peggiore fantasia, dove il paziente sperimenta che nel momento in cui è lui a ricercare volontariamente le reazioni fisiologiche provocate da questa emozione spaventosa, essa svanisce, si farà poi eseguire alla persona un rituale specifico da svolgere il giorno del viaggio così che già all’arrivo in aereoporto svolga una sequenza di  azioni che sposteranno l’attenzione da sè alla buona esecuzione della prescrizione.

Perchè il momento più pericoloso di un viaggio in aereo è quando ci si avvicina all’areoporto… Infatti, come diceva l’attore Milton Berle: “non viaggio mai in aereo. Il viaggio verso l’aeroporto mi fa venire il mal d’auto”.

TENTATE SOLUZIONI

“Si racconta di un mulo che stava attraversando con il suo carico di legna l’usuale viottolo giornaliero dalla fattoria a valle fino alla baita, in montagna, quando trovò la strada sbarrata da un grosso tronco che era caduto nella notte e che ostruiva il passaggio. Il mulo, dopo un primo momento di smarrimento, cominciò a spingere con la testa il grosso tronco senza però riuscire a spostarlo di un solo centimetro. Decise allora di intensificare il suo tentativo prendendo la rincorsa e dando delle forti capocciate al tronco per cercare di spostarlo. Capocciate che diventarono sempre più violente con il ripetersi dei tentativi. Ciò condusse il mulo a morire della rigidità e cocciutaggine”. ( Nardone,1995)

Le tentate soluzioni sono le reazioni e i comportamenti messi in atto dalle persone per affrontare le difficoltà nel rapporto con se stessi, con gli altri e con il mondo; reazioni e comportamenti che spesso complicano piuttosto che risolvere e che finiscono per irrigidirsi in ridondanti modelli disfunzionali di interazione con la realtà. Il tentativo di soluzione è la reazione che il soggetto crede migliore per una determinata situazione, perché ha già funzionato in passato in situazioni simili o perché spontanea. Se tale strategia funziona, il problema in breve tempo si estinguerà; se tale strategia non funziona allora chiaramente il problema continuerà a persistere. Purtoppo chi vive tale sofferenza sarà portato ad intensificare e a ripetere i suoi tentativi come il mulo della storia, ma più questi verranno reiterati, più le difficoltà iniziali appariranno irrisolvibili o si complicheranno, fino a far sì che tali tentativi divengano parte strutturante del problema. Gli sforzi compiuti, le “tentate soluzioni” verso il cambiamento andranno a costruire un circolo vizioso che non solo manterrà la situazione problematica la addirittura la alimenterà facendola peggiorare.

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A livello pratico, per esempio chi sperimenta la sensazione di paura nei luoghi aperti può cominciare ad evitare delle situazioni o ancora a chiedere sostegno sociale da parte di amici, parenti o del coniuge sentendo di non poter fare a meno di tale tipo di aiuto. In realtà, però, evitare e chiedere aiuto funzionano come “tentate soluzioni” che non risolvono il problema ma invece lo fanno persistere alimentando le paure e tenendo il soggetto imprigionato nella sua convinzione di non potercela fare da solo.

Scopo dell’intervento terapeutico sarà quello di produrre il cambiamento, attraverso la rottura del circolo vizioso costituito dalle tentate soluzioni che mantengono ed alimentano il problema nel qui ed ora. Tale rottura sarà data dall’utilizzo di tecniche costruite con procedure rigorose sul problema, producendo uno sblocco dalla situazione di difficoltà già dalle prime sedute di terapia conducendolo rapidamente alla soluzione del problema ed alla scoperta di risorse personali fino ad allora sconosciute.

DISTURBI SESSUALI: COME SALVARCI DALL’UFFICIO COMPLICAZIONI AFFARI SEMPLICI?

La natura umana è dotata di una perversa predisposizione a complicare le cose. Nel profondo di ognuno di noi si annida la spiacevole tendenza ad intricare piuttosto che districare le difficoltà, cercando ed applicando soluzioni che pur dimostratesi inefficaci, vengono mantenute o addirittura intensificate. Si passa così dalla difficoltà al problema, in virtù di quelle “tentate soluzioni” che spesso risultano peggiori del male stesso che intendevano risolvere.

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Probabilmente anche a voi sarà capitato di trovarvi, almeno una volta nella vita, al cospetto di uno di quei funzionari di un ufficio inclini all’ingarbugliamento, propensi a rendere complicate perfino le pratiche più banali, dei quali si è soliti dire che lavorano all’”ufficio complicazioni affari semplici”. Allo stesso modo, anche per i disturbi sessuali possiamo trovare numerosi esempi di situazioni di difficoltà caratterizzate da un’incomprensibile sproporzione tra il problema e il modo con il quale si cerca di risolverlo. Modo che per molti versi assume nella reiterata e rigida ripetizione di soluzioni che non funzionano, caratteristiche ben più patologiche del problema stesso.

Ad esempio, un uomo che a seguito di una casuale défailance durante un rapporto sessuale, iniziasse a volersi mettere alla prova alla ricerca della dimostrazione della sua virilità, andrebbe incontro alla realizzazione della profezia che più teme, finendo per cadere nella trappola del “complicatore di affari semplici”. Infatti, proprio questo suo volersi mettere alla prova attiverebbe, ad ogni successivo rapporto sessuale, un’ansia tale da interferire inevitabilmente con i processi neurovegetativi implicati nel comportamento sessuale, provocandone la loro inibizione. Parafrasando Oscar Wilde potremmo dire che proprio con i migliori propositi quest’uomo sarebbe giunto ad ottenere i peggiori risultati.

Le “tentate soluzioni” di difficoltà della sfera sessuale, anche se razionali, logiche e di “buon senso”, sovente non funzionano proprio perché interferenze in comportamenti e funzioni non controllate o controllabili dalla volontà e dalla razionalità. Da questo punto di vista, infatti, il comportamento sessuale è paradigmatico: rappresenta la componente umana percepita come la più istintiva e meno controllabile ma che più di altre si desidera poter assoggettare a controllo.

È così che il nostro interno “complicatore di affari semplici” irrigidendosi nel tentativo di realizzare consapevolmente un comportamento automatico (o spontaneo) che per tale ragione non potrà essere volontarizzato, cade nella psico-trappola del “più di prima” o del “sempre e comunque” applicando la medesima soluzione disfunzionale anche quando questa si sia rivelata inefficace.

Sarà però confortante apprendere che per la risoluzione delle difficoltà sessuali, proprio in virtù di quanto appena asserito, non siano necessarie estenuanti terapie, ma potremmo salvarci dal nostro interno “ufficio complicazioni affari semplici” interrompendo le “tentate soluzioni” che mantengono il problema per lasciare esprimere la naturale inclinazione dell’individuo alla sessualità.

Per info sull’approcio di Terapia Breve Strategica ai disturbi sessuali scrivere a marco.pagliai@gmail.com

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